L'Angolo della Cultura

Tutto ciò che vorresti e dovresti sapere

Eritrea A cura di Giuseppe Cinni.


Usi e costumi, varie.
In lingua amarica, la lingua parlata in Etiopia, l’odierna Eritrea era chiamata “Mareb Mellasc”, cioè il paese al di qua del Mareb, il fiume che fa da confine con l’Etiopia e precisamente con la regione del Tigrai.
Qualche secolo prima di Cristo la tribù degli Habesciat, di razza semitica e proveniente dallo Yemen, attraversa il Mar Rosso e occupa il bassopiano orientale e l’altopiano, creando il regno di Axum che aveva come porto Adulis, nel golfo di Zula. Queste nuove popolazioni si mescolarono con quelle autoctone di razza camitica.

La vita della donna eritrea è come quella di tutte le donne africane, inizia prima che l’alba cancelli le stelle. Esili spirali di fumo azzurrino si levano dagli “edgò” spargendo per l’aria un odore caratteristico a seconda del legno bruciato, d’acacia, di eucalipto o d’olivo. Nella pace del tramonto i fuochi accesi per l’ultima parte della giornata danno ai paesi un’atmosfera teatrale particolarmente affascinante. Si avverte una pace sconosciuta, lontana dai mali del mondo.

Gli Eritrei non mettono in pubblico i loro sentimenti familiari: ci si abbraccia e ci si bacia tra amici solo dopo un lungo periodo di lontananza.
Marito e moglie non si tengono per mano. I sentimenti rimangono confinati entro le mura domestiche e l’intimità degli affetti è un elemento fondamentale nella vita della famiglia.

La danza “eschetà” è la danza delle spalle, i movimenti principali sono eseguiti con le spalle che vanno su e giù, avanti e indietro, esprimendo una completa gamma di sentimenti, dall’amore all’odio, dalla passione alla gioia, all’estasi, al tormento, all’allusione; è la fantasia del danzatore a comunicare l’intensità del sentimento descritto.
La danza è collettiva, di uomini e donne, di soli due uomini o di un uomo e una donna, disposti a cerchio o a semicerchio attorno allo “zefagn”, il suonatore; questi inizia un motivo, il coro risponde, comincia il battito ritmato delle mani, i ballerini si lasciano andare a salti acrobatici e movimenti ritmici delle spalle che condurranno al “schischità”: il coro saltella nello stesso posto e i danzatori esprimono i loro sentimenti con il linguaggio delle spalle, dando origine a un simbolismo, forse a noi incomprensibile, che rimane il segreto inviolato di questa terra.
Ogni etnia ha una sua danza caratteristica con elementi comuni, però, a tutti i popoli dell’Eritrea.
Gli uomini bileni seguono con un bastone il ritmo della musica, le donne avanzano con il capo all’indietro e il seno in avanti fremente, poi muovono la testa a destra e sinistra e i lunghi capelli acconciati a treccioline percuotono le guance delle danzatrici. I Beni Amer, sempre con bastoni, fendono l’aria con salti acrobatici. I Cunama saltellano anch’essi con un bastone in mano e battono a tempo e all’unisono con forza il terreno; quest’ultima etnia ha poi una sua suggestiva danza della pioggia. I Rasciaida danzano divisi in soli uomini e sole donne.

Matrimonio
Una volta il matrimonio veniva combinato tra le due famiglie quando gli interessati erano ancora bambini. Il rituale era molto pittoresco e comprendeva le trattative per quantificare la dote che la famiglia del ragazzo doveva dare alla famiglia della ragazza. Al sopraggiungere della pubertà il giovanotto, ormai quattordicenne, veniva portato al villaggio della ragazza per vedere, senza essere riconosciuto, la promessa sposa.
Arrivato il tempo del matrimonio, lo sposo su una cavalcatura, accompagnato dagli “archì” compari, amici, parenti, suonatori, andava al villaggio della sposa dove era stato eretto dalla famiglia un apposito padiglione – il “daas” – per il banchetto; fuori dal villaggio le amiche della ragazza attendevano l’arrivo del corteo e con danze e canzoni, a suon di “coborò” insultavano lo sposo, indegno uomo che portava via il loro gioiello, il fiore del paese, la più bella tra le belle. Avveniva allora il finto rapimento da parte degli “archì”: il capo dei compari caricava sulla cavalcatura la ragazza velata e riparata da un ombrello e la conduceva fino al villaggio dello sposo, dove avrebbe alloggiato nella casa appositamente preparata per la nuova coppia .
Subito dopo arrivava lo sposo con il suo seguito, arrabbiato come prevedeva il rituale ma pronto al banchetto offerto dai suoi genitori in un altro “daas” allestito per l’occasione.
I compari introducevano di nascosto nella casa del marito la sposa che andava a coricarsi nel letto con accanto il capo degli “archì”, fingendo di dormire; arrivava di soppiatto lo sposo, il compare gli cedeva il posto e avveniva la consumazione del matrimonio, in seguito al quale gli sposi avrebbero vissuto appartati per un certo periodo.
Il banchetto andava avanti tra fantasie e danze guerriere da parte degli uomini; terminato il tutto, lo sposo riaccompagnava la moglie alla casa paterna, dove la novella sposa apprendeva dalla madre i suoi doveri e diritti coniugali, tra cui, cosa importante, come si doveva tagliare il pollo e quale parte doveva essere utilizzata per imboccare l’ospite quando veniva servito il piatto tradizionale, lo “zighinì”.
Appreso tutto questo e passato il tempo che era stabilito si dovesse trascorrere nella casa natia, la sposa tornava definitivamente dal marito nella casa costruita su un pezzo di terra che la comunità aveva appositamente assegnato insieme con la parte di terreno da coltivare a rotazione.
Il matrimonio è, per i cristiani ed anche per buona parte dei mussulmani, monogamo e di due tipi: “kal kidan”, cioè solenne, quello fatto con il patto delle due famiglie, oppure “demoz”, pattuito in denaro. Il regime di proprietà più frequente è la comunione dei beni. Il matrimonio per “demoz” è un matrimonio a tempo: la donna si impegna a coabitare per un periodo concordato con un uomo che le dà il compenso pattuito. I figli di questo matrimonio sono legittimi e anche i figli naturali hanno gli stessi diritti.
Il divorzio è largamente praticato e può essere chiesto da entrambi i coniugi o dalle rispettive famiglie; una commissione di arbitri provvede alla divisione dei beni. Anche quello religioso può essere sciolto ma il giudizio deve essere pronunciato da un tribunale religioso.
Nel matrimonio è molto importante il giuramento di protezione da parte degli “archì” alla sposa, giuramento che testimonia l’antica civiltà e saggezza dell’Eritreo e che avviene secondo un’antica formula in base alla quale esso dovrà durare finché dal “sernai” (il frumento) si otterrà la “chiccià” (il pane), dalla pecora l’agnello, cesti di sorgo dalle zolle rossastre e spighe dalla terra nerastra.
Questo giuramento viene fatto nel momento in cui la ragazza viene portata via dal villaggio natio e la protezione è talmente seria da poter comportare gravi problemi per il marito che non adempie ai suoi doveri.

La circoncisione è una pratica usata da tutte le etnie e religioni, avviene per i maschi all’ottavo giorno e per le femmine al quindicesimo giorno; segue poi il battesimo rispettivamente al quarantesimo e all’ottantesimo giorno.

La morte è molto sentita: i parenti stretti si abbandonano a scene di pianto cui si aggiungono le urla delle prefiche che strillano le lodi del defunto; il morto viene lavato, avvolto in un sudario e sepolto al più presto in posizioni stabilite dalla consuetudine. La vedova si radeva i capelli e per sei mesi vestiva con abiti sporchi e laceri.
La commemorazione del defunto avviene al dodicesimo, al quarantesimo e all’ottantesimo giorno; quest’ultima cerimonia prende il nome di “teklar” e viene preparata in modo che possano partecipare i parenti e gli amici che abitano molto lontano: un grande numero di animali viene ucciso per allestire un banchetto a cui partecipa in massa anche il numeroso clero locale, dai diaconi ai cascì (preti). Maggiore è il numero degli animali uccisi, maggiore è il dolore che si vuole esternare e l’importanza della famiglia, il che porta spesso i parenti del defunto ad indebitarsi.

La letteratura popolare è ricca di leggende, di storie, di favole, di canti popolari di guerra, d’amore e di morte. Durante l’Amministrazione Italiana il tigrino divenne la lingua più diffusa e la si utilizzò in ambito letterario.





Proverbi abissini:
Gli uomini fanno la casa e Iddio ci mette il tetto.
Il capo dei libri è l’alfabeto, il capo delle vivande è il sale.
Fai il bene e pernotta tranquillo per la strada.
Conoscere la madre prima di sposare la figlia.
Il forestiero il primo giorno è figlio di Dio, il secondo è figlio dell’uomo, il terzo è figlio del cane.

Il calendario giuliano vige ancora presso il clero ortodosso; l’anno è composto da 12 mesi, ogni mese è di 30 giorni, esiste un tredicesimo mese di 5 giorni o di 6 se l’anno è bisestile.
L’anno inizia il giorno 11 del calendario gregoriano e porta il nome degli evangelisti: Matteous, Marcos, Lucas e Johannes; quest’ultimo è bisestile.
Il primo di ogni mese è detto Baeti.
Una volta il sabato e la domenica erano festivi. In un anno le feste fisse sono 49 e le mobili 13. I giorni per digiunare sono 240 e il digiuno è molto rigoroso e non prevede neanche la dispensa per gli ammalati.

Popolazione
La popolazione eritrea si distingue in:
Semiti puri
Camiti semitizzati
Camiti puri o Cusciti
Niloti

Abitanti dell’Eritrea nei vari anni dell’occupazione italiana:
1893: 191.127
1899: 301.096
1905: 274.944
1931: 596.013

I centri maggiori erano: Asmara con 18.789 abitanti di cui 15.732 eritrei e 3.057 europei; Massaua con 10.572 eritrei e 676 europei.

Il grosso della popolazione risultava dalle sovrapposizioni delle varie genti. Nel censimento del 1931 la popolazione risultava composta da:
Eritrei delle varie etnie 596.013
Stranieri, Greci, Ebrei, Baniani,
Turchi, Persiani, Arabi 372
Italiani 4.188
Così suddivisi:
Nati in Eritrea 1.865
Siciliani 503
Piemontesi 233
Veneti 229
Lombardi 219
Toscani 155
Laziali 153
Il residuo 831, fra cui calabresi, pugliesi, abruzzesi, sardi, campani e delle altre regioni d’Italia

Vie di traffico
Prima dell’occupazione italiana esistevano solo mulattiere in altopiano e piste per cammelli nei bassopiani. Dopo l’occupazione e prima del 1935 furono costruiti km. 762 di vie rotabili e km. 2.477 di camionabili.
Ferrovia.
La ferrovia fu iniziata nel 1866 e nel 1911 arrivò all’Asmara superando in soli 120 km. il dislivello da zero a 2.412 metri, per scendere poi a Cheren, m.1932, Agordat, m. 615, Biscia, m. 700, con un totale di km. 346.
I ponti in muratura sono n° 29, in ferro n° 2, le opere minori (ponticelli, tombini, fossi di guardia) n° 798, le gallerie n° 39, le cantoniere n° 29. Depositi a Massaua e Asmara, officina ad Asmara.
Locomotive a vapore e nafta n° 23, littorine n° 11, carrozze viaggiatori n° 20, carri merci e bestiame n° 573.

Teleferica
Fu iniziata alla fine del 1935 e costruita in 16 mesi; fu smantellata in un paio di mesi e venduta all’Amministrazione Militare Britannica.
In poco più di 75 km. superava il dislivello da Massaua ad Asmara-Godaif di 2.326 m. Aveva 1.620 vagoncini, distanziati 100 metri, che trasportavano 600 tonnellate nei due sensi, il tutto montato su alti tralicci che scavalcavano burroni e montagne. La teleferica era completata da motori diesel Tosi da 150 HP disposti in 8 stazioni, alloggi per il personale, linea telefonica autonoma. Il peso del materiale metallico e meccanico venduto superava le 3.900 tonnellate.

Aeroporti
I principali ad Asmara e Assab. A Gura, nei pressi di Decamerè, quello militare con due piste asfaltate, officine, hangar e alloggi per i piloti e le loro famiglie, il cosiddetto villaggio “Toselli” della Caproni.
Anche Massaua e Tessenei avevano un aeroporto con pista in terra battuta.

Porti
Prima dell’occupazione italiana Massaua aveva un porto adatto solo per i sambuchi, velieri con chiglia quasi piatta che trasportavano i pellegrini per la Mecca dalla costa africana a quella arabica.
Il porto fu potenziato con la creazione di 825 metri di banchine con gru prima a vapore e poi elettriche e con la costruzione di grandi magazzini collegati dalla ferrovia a quelli di Campo Marte a Edaga Berhai, in terra ferma. Furono scandagliati il canale d’entrata a nord e il canale d’uscita a sud e fu disegnata la carta nautica che permetteva alle navi di entrare in porto senza più l’ausilio dei piloti. Era il porto più attrezzato e più grande del Mar Rosso, in grado di servire piroscafi di grosso tonnellaggio. Nel 1937 le merci sbarcate furono tonn. 1.078.711, imbarcate tonn. 81.622, passeggeri sbarcati 127.203, imbarcati 189.864, piroscafi attraccati n° 976, velieri n°1.407.
Anche questo porto subì lo smantellamento e l’asportazione di attrezzatura da parte degli inglesi.
Assab, che offriva una buona baia, fu attrezzata con un nuovo molo, il molo Rubattino.
Alla base navale di Massaua, nella penisola di Abdel Chader, c’erano ottimi ancoraggi mimetizzati per i sottomarini, uno dei quali poco prima dell’occupazione di Massaua partì per rifugiarsi in Giappone.

Acquedotti
All’Asmara il Genio Militare scavò dei pozzi in zona Mai Ciuet, dove oggi si festeggia il Temchet.
La distribuzione dell’acqua avveniva con le ghirbe sui dorsi dei somari.
Nel 1911 fu costruita la diga di Bet Gherghis, successivamente quelle di Acria inferiore e superiore che davano acqua alle fontane pubbliche di Adi Nefas, Valle Gnecchi, Belesa e Sembel, tutte anteriori al 1919.
Più o meno negli stessi anni furono realizzati gli acquedotti di Cheren, Agordat, Tessenei, Nefasit, Ghinda, Embatkalla, Dongollo.”

L'Eritrea (in tigrino E-rtra-) è uno stato che si trova nella parte settentrionale del Corno d'Africa, confinante con il Sudan ad ovest, con l'Etiopia a sud e con il Gibuti a sudest. L'est ed il nordest del paese hanno una lunga linea di costa sul Mar Rosso, direttamente di fronte all'Arabia Saudita e allo Yemen. Sono parte dell'Eritrea l'arcipelago delle Dahlac e alcune isole a ridosso delle isole Hanish.

 

L'Eritrea è uno Stato multilingue e multiculturale con due religioni prevalenti (Islam Sunnita e Chiesa ortodossa eritrea) e nove gruppi etnici. Fu creata come entità politica nel 1890 con il nome di Colonia Eritrea.[2]

 

Il presidente Isaias Afewerki è stato eletto dalla Assemblea Nazionale, composta da 150 membri, che si è costituita nel 1993, poco dopo l'ottenimento dell'indipendenza. Ancora oggi egli è al potere dopo 19 anni di governo, in quanto finora non ci sono state elezioni democratiche.

Eritrea

                                                         

(dettagli)

                                                            (dettagli)

(Awet nHafash) Vittoria alle Masse

 

 

Dati amministrativi

Nome completo

Stato dell'Eritrea

Nome ufficiale

Hagere Ertra
دولة إرتريا
Dawlat Iritrīya

Lingue ufficiali

nessuna: Arabo[1] e tigrino[1] de facto

Altre lingue

Afar[1], arabo Hijazi[1], bedawiyet[1], bilen[1], geez[1], inglese[1], italiano[1], kunama[1], nara[1], saho[1], tigré[1]

Capitale

Asmara  (500.000 ab. / 1996)

Politica

Forma di governo

Repubblica presidenziale sotto un governo di transizione

Capo di Stato

Isaias Afewerki

Capo di Governo

Isaias Afewerki

Indipendenza

dall'Etiopia il 24 maggio 1993

Ingresso nell'ONU

28 maggio 1993

Superficie

Totale

121.320 km² (96º)

 % delle acque

trascurabile

Popolazione

Totale

4.401.000 ab. (2005) (118º)

Densità

37 ab./km²

Geografia

Continente

Africa

Fuso orario

UTC +3

Economia

Valuta

Nakfa

PIL (PPA)

3.505 milioni di $  (2009)  (163º)

PIL pro capite (PPA)

681 $  (2010)  (176º)

ISU (2010)

n\a (n\aº)

Varie

TLD

.er

Prefisso tel.

+291

Sigla autom.

ER

Inno nazionale

Ertra, Ertra, Ertra

Festa nazionale

24 maggio

¹Il tigrino e l'arabo sono le lingue maggiormente parlate, ma vengono utilizzati anche l'italiano e l'inglese.

Evoluzione storica

Stato precedente

Repubblica Popolare Democratica d'Etiopia